Quando non c'era l'acquedotto
Era il 1915 quando uno zampillo d'acqua guizzò in alto nella fontana di piazza Umberto, a Bari; era primo segnale del completamento della gigantesca opera di ingegneria idraulica rappresentata dall'Acquedotto Pugliese il quale, dalle sorgenti campane di Caposele, in provincia di Avellino, faceva giungere l'acqua alla sitibonda Puglia.

Prima di allora, per secoli, l'approvvigionamento della preziosa risorsa naturale avveniva grazie a cisterne e pozzi, nei quali la popolazione pugliese provvedeva a raccogliere le acque piovane.

Pozzi e cisterne

Dalla necessità di conservare le acque di precipitazione, dal Gargano al Salento, le abitazioni di città, le masserie e i trulli furono sempre provvisti di cisterne.

Gli stessi insediamenti umani, fin dalla preistoria, sorsero in prossimità di invasi naturali o di corsi d'acqua; il primitivo abitato di Castellana, Castellano vetere, si erse, infatti, in prossimità del lago, l'attuale località Trebotti; così come il nuovo sito - l'attuale Castellana, nel quale si trasferirono, all'inizio del 1200, i coloni che abitavano queste terre, fu eretto in prossimità di un invaso naturale: il lago nuovo, l'attuale Largo Porta Grande; in seguito, in prossimità del luogo furono costruite numerose cisterne pubbliche cui attingeva la popolazione.

Ricordo, durante la mia infanzia, le lunghe teorie di donne, che vi andavano ad attingere acqua, talora torbida, quando il cielo era terso da mesi e il caldo asfissiante.
Così Michele Viterbo, politico e storico castellanese (1890-1973), descrive, nell'opera postuma Castellana, la Contea di Conversano e l'Abazia di San Benedetto, la difficile convivenza delle genti locali con il problema della siccità e della penuria d'acqua, problema che, fino all'inizio del XX secolo, era ancora particolarmente sentito.

Oltre alle cisterne costruite nei pressi delle abitazioni e degli insediamenti urbani, particolarmente caratteristici sono i pozzi costruiti al fondo di laghetti carsici.

Laghetti carsici

Può sembrare strano parlare, in Puglia, di laghi e di stagni.
Data la natura del suolo, infatti, per via della fessurazione e della permeabilità proprie della roccia calcarea di cui è formata la piattaforma murgiana, vi è l'assorbimento delle acque di precipitazione e l'alimentazione di un reticolo idrico sommerso, ai danni dell'idrografia di superficie.
Eppure, quando in antico le condizioni meteorologiche erano diverse, quando minore era l'antropizzazione della regione e maggiori le precipitazioni, quando estesi boschi di querce ricoprivano la Puglia, laghi e stagni erano presenti in questi territori.

A testimonianza del fatto, vi è quella toponomastica, tramandata oralmente e riscontrabile nella cartografia della regione, dove i termini di lago e stagno non sono di certo infrequenti.
È questo il caso, tra gli altri, dei laghi di Conversano (Ba) e dei laghi salentini di Martano, Martignano, Zollino, Castrignano e Soleto.

I laghi di Conversano

Conversano conta ben undici laghi, ubicati attorno all'abitato, distanti da esso da uno a quattro chilometri ed alloggiati al fondo di doline; si tratta, in verità, di laghetti carsici, poiché sono, per la maggior parte dei casi, temporanei.

Al fondo delle doline, dove per via dell'apporto di terreni sedimentari si formò uno strato impermeabile a copertura del basamento roccioso altrimenti permeabile, furono scavati pozzi profondi da quattro a dieci metri.

Le pareti di rivestimento dei pozzi venivano realizzate in pietra calcarea assemblata a secco; il fondo, invece, si presentava coperto da un bolo di colore rosso e giallo cupo; in alcuni casi, dov'erano reperibili sabbie vulcaniche, come le pozzolane, le si usava come malta per sigillare gli interstizi dei pozzi.

Avveniva così che, anche quando in superficie l'acqua era oramai scomparsa a causa della calura estiva, al fondo dei pozzi ve ne era per tutto l'anno.

La costruzione di questi pozzi avvenne in vari momenti storici, ma già nella preistoria, la presenza di queste riserve d'acqua favorì l'insediamento di popolazioni primitive.

Quel ch'è certo è che l'insediamento di alcuni siti medioevali è comprensibile solo con la presenza di pozzi coevi.
La prima menzione di un lago conversanese, detto Lacofetido, risale, proprio, al 915, mentre è del 957 la prima citazione del lago di Iavorra.
Crediti
Testi Pino Pace
Immagini Pino Pace
Mario Parise
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Coordinamento grafico Pino Pace
Coordinamento alla produzione Giuseppe Savino

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